Clima e cambiamenti climatici

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di Samuel Nale

Si sente parlare, soprattutto negli ultimi tempi, di clima e di cambiamento climatico: scioglimento dei ghiacciai, riscaldamento globale, habitat naturali distrutti… Ma che cos’è il clima?
Facilmente viene confuso con il tempo meteorologico (quella cosa che puntualmente ci rovina le scampagnate sui colli o parchi torinesi), sempre legato al clima poiché ne rappresenta uno dei tantissimi aspetti. In realtà questo è caratterizzato dallo studio dei soli fenomeni atmosferici e consente previsioni precise per un tempo massimo di qualche giorno.
Possiamo invece definire il clima come lo stato medio del tempo atmosferico (condizioni ambientali), solitamente valutato su un intervallo temporale di 30 anni. Oltre all’atmosfera, lo studio del clima comprende anche idrosfera (oceani, fiumi, laghi…), criosfera (acqua allo stato solido, come i ghiacciai), litosfera (crosta terrestre e mantello esterno) e biosfera.
Data l’enorme quantità di variabili in gioco, il clima è un sistema estremamente complesso da studiare e modellizzare.

Variabilità del sistema climatico: perché e come il clima varia?

Partendo dalla considerazione più importante, ossia che il clima della Terra è interamente forzato (dipendente) dall’energia che arriva dal sole, vediamo le principali cause di cambiamento climatico.
Le cause dei cambiamenti sono chiamate forzanti, e possono essere di due tipi: esterne al sistema stesso o interne. Esse sono eventi che, tramite scambi di energia, determinano un contributo positivo o negativo (ad esempio riscaldamento o raffreddamento) al bilancio energetico del pianeta.
Esterne: sono eventi naturali o di natura antropica (causati dall’uomo). Tra quelle naturali ci sono variazioni cicliche dei parametri orbitali terrestri (conosciute con il nome di Cicli di Milanković), quali l’eccentricità dell’orbita, l’inclinazione dell’asse terrestre (grazie alla quale abbiamo le stagioni) e la precessione degli equinozi. Un altro grande contributo naturale proviene dall’attività solare, con cicli undecennali, e dalle eruzioni vulcaniche. In sostanza, sono fenomeni sui quali noi non abbiamo alcun tipo di controllo.
Interne: avvengono per interazioni tra le componenti stesse del sistema, andando a generare, tramite un fenomeno di “forcing” iniziale (ossia un input dato dalle forzanti esterne), un meccanismo di feedback che si autoalimenta ed amplifica gli effetti.
Andiamo a vedere le principali forzanti antropiche: l’effetto serra, effetto che in realtà avviene anche naturalmente, l’emissione di aerosol in atmosfera, l’uso e sfruttamento del suolo.

Effetto serra

Come detto all’inizio, praticamente tutta l’energia che influenza il nostro clima viene dalla radiazione solare (il contributo energetico geotermico, al confronto, è ininfluente).
L’atmosfera del pianeta è semitrasparente alla luce solare: una piccola parte di essa viene immediatamente riflesse verso lo spazio, mentre la restante riesce a penetrare ed arriva al suolo, dal quale viene assorbita. A sua volta, questa energia assorbita viene riemessa sotto forma di luce infrarossa (bassa frequenza), il cui principale effetto tramite l’interazione con la materia è quello di scaldare: essa in parte riesce a superare l’atmosfera, sfuggendo di nuovo nello spazio, in parte viene da essa assorbita, scaldandola.
Praticamente, l’atmosfera funziona come una specie di rete dalle maglie larghe per la radiazione luminosa, un po’ lasciando passare, un po’ riflettendo (sia da fuori a dentro, sia da dentro a fuori), ed un po’ assorbendo la luce.
Ricapitolando, l’effetto serra è dato proprio dalla parte di energia assorbita. Alcuni gas sono migliori di altri nell’assorbire la radiazione. I principali gas serra sono anidride carbonica (CO2), metano (CH4) ossido di diazoto (N2O) e vapore acqueo. Tutti questi gas sono naturalmente presenti nell’atmosfera, il problema è dato dalle attività umane che ne aumentano fortemente le concentrazioni (vapore acqueo a parte, immesso solo in modo indiretto).
Il ruolo della CO2 è molto importante, in quanto gas principale emesso da attività umane. Dall’epoca pre-industriale ad oggi, la concentrazione di parti per milione in atmosfera è passata da 280 a 400, valore mai raggiunto prima negli ultimi 820.000 anni. La principale causa di produzione di CO2 è l’utilizzo di combustibili fossili.
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Nel grafico ci sono i dati di concentrazione di CO2 in atmosfera, temperatura e attività solare con numero di macchie solari. E’ chiara la correlazione tra temperature e concentrazione del gas.

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Sono sospensioni di particelle liquide, solide o in fase mista, caratterizzati da una composizione chimica e distribuzione dimensionale estremamente variabile: insomma, praticamente di tutto. Il loro contributo sul clima non è ancora ben chiaro in quanto possono, a seconda della particella, riflettere la luce o assorbirla, riscaldandosi. Se, per esempio, una distesa di neve pura riflette quasi completamente la luce mantenendo la temperatura costante, una distesa di neve “sporca”, su cui si deposita del black carbon, assorbirà maggiormente la luce scaldandosi.

Uso del suolo

Negli ultimi secoli, l’uomo ha modificato enormi aree del suolo per vari scopi, tra cui la deforestazione per l’agricoltura, l’urbanizzazione e la desertificazione indiretta. La deforestazione in particolare ha una doppia conseguenza: le foreste sono importantissime per l’equilibrio climatico, poiché funzionano da filtri per gas come l’anidride carbonica, fungendo da filtri e contribuendo a diminuire l’effetto serra. Il secondo effetto è dato proprio dalla diminuzione della copertura vegetale: un terreno senza vegetazione riflette maggiormente la luce, causando un abbassamento della temperatura dal suolo. Questa temperatura minore porta ad una minore convezione dell’aria atmosferica, causando così meno piogge, con conseguente ulteriore sparizione di vegetazione, in un ciclo che si autoalimenta. Quest’ultimo è un esempio di forzante interna, un meccanismo feedback: ce ne sono davvero tantissimi, più o meno complicati, che coinvolgono le più diverse componenti del sistema climatico.

IPCC – Intergovernmental Panel on Climate Change

È un gruppo scientifico formato da due organismi dell’ONU con lo scopo di studiare il riscaldamento globale. Esistono 3 gruppi di lavoro: il gruppo I si occupa delle basi scientifiche dei cambiamenti climatici, il gruppo II degli impatti di questo cambiamenti sui sistemi naturali ed umani, il gruppo III di come mitigare effettivamente questi cambiamenti.
Di fatto, però, L’IPCC non svolge direttamente attività di ricerca né di monitoraggio o raccolta dati: fonda le sue valutazioni principalmente su letteratura scientifica. Diffonde periodicamente i “rapporti di valutazione”, o “Assessment Reports”, documenti di valutazioni delle informazioni scientifiche, tecniche e socio-economiche rilevanti per la comprensione dei mutamenti climatici indotti dall’uomo, degli impatti potenziali dei mutamenti e delle alternative di mitigazione e adattamento disponibili per le politiche pubbliche.
Questi rapporti sono usati come base per gli accordi mondiali quali la “Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC)”, i cui stati aderenti si incontrano annualmente nella “Conferenza delle Parti (COP)”, ed il Protocollo di Kyoto.

Previsioni future dell’IPCC sul cambiamento climatico globale e regionale

A seconda del modello matematico usato per effettuare le previsioni e delle forzanti adottate si ottengono diversi scenari di società probabile: in ogni caso, per la quasi totalità degli scenari, i risultati non si discostano da questo riassunto:

  • Il riscaldamento del suolo terrestre continuerà ben oltre il 2100, tra gli 1,5 ed i 2,5 gradi.
  • Il ciclo dell’acqua subirà cambiamenti non uniformi: il contrasto tra piogge sulle zone umide e quelle aride e tra le stagioni si intensificherà.
  • Gli oceani continueranno a riscaldarsi: il calore passerà dallo strano oceanico superficiale a quello profondo, sede delle correnti responsabili della ridistribuzione dell’energia nel globo, influenzandole.
  • I ghiacci in prossimità dell’Artico diminuiranno in massa, così come i ghiacciai in generale.
  • I cambiamenti nel ciclo del carbonio aumenteranno ancora la CO2 nell’atmosfera, la quale si scioglierà negli oceani aumentandone l’acidità, con ovvie conseguenze per la vita marina.
  • L’intensificazione di eventi estremi, quali ondate di calore, tempeste, siccità, inondazioni.

Questi cambiamenti persisteranno per secoli anche se dovessimo bloccare le emissioni in questo istante.
Non me la sento di consigliare un taglio all’uso di deodoranti spray, ma, la prossima volta che cambiate auto, ricordate di evitare di comprare una Camaro!

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