Forest garden. Quando il bosco si può mangiare

Forgard2-003di Simone Siviero

Vi è mai capitato di fermarvi a osservare un frutteto? Non il frutteto nel giardino dei nonni; parlo, invece, di quei non-luoghi che fabbricano la frutta che affolla le corsie dei supermercati. È uno spettacolo abbastanza triste: alberi geneticamente omogenei sono disposti su file ordinate e, tra ogni fila, una striscia di prato che spesso non ospita altro che erba. Su quelle strisce, poi, si trovano trattori guidati da personaggi nascosti da tute quasi spaziali, che si proteggono dai veleni che spruzzano sulle piante. Certo, produrre frutta in questa maniera ― nell’ottica di un’economia di massa ― ha i suoi vantaggi, ma dal punto di vista ambientale? Una distesa di piante tutte uguali fra loro significa possibilità di specializzazione per i parassiti e, dunque, necessità di interventi antiparassitari. Significa perdita dei frutti antichi, frutti che i nostri nonni mangiavano abitualmente, ma che stanno scomparendo a favore di quelle ― poche ― varietà richieste dal mercato, che spesso non sono nemmeno le migliori, ma semplicemente le più esteticamente appetibili. Significa anche possibilità di una raccolta massiccia e di un’altrettanto massiccia distribuzione del prodotto in giro per il mondo, con conseguente consumo di combustibili fossili per il trasporto. Inutile dire che l’elenco potrebbe continuare.

Ecosistema bosco

Ma funzionano davvero così le cose in natura? Qualcuno se l’è mai domandato? In fondo, un frutteto altro non è che un bosco impiantato dall’uomo al fine di produrre cibo. Manca però qualcosa in questo bosco artificiale… o meglio, manca tutto! Ci sono solo gli alberi, mentre un bosco, in natura, funziona su più livelli. C’è quello degli alberi ad alto fusto, ma non è mai da solo: appena al di sotto delle chiome degli alberi più grandi si trovano gli arbusti, quindi i cespugli e infine le piante che coprono il terreno. Se si guarda più attentamente, poi,  si possono scorgere anche i rampicanti, che sfruttano i fusti altrui per andare a caccia di luce, e le piante che producono raccolti sotterranei.

Un bosco è un sistema in grado di regolarsi autonomamente, senza bisogno di interventi antropici. Perché, dunque, non provare a imitare tale sistema, adattandolo alle nostre esigenze, ovvero la produzione di più cibo possibile? Sempre, tuttavia, nell’ottica di lavorare con la natura, di seguire i suoi schemi e i suoi ritmi, di piegarsi ai suoi insegnamenti facendoli nostri.

Si può fare, se ben guidati. E per farlo, vale la pena di dare una lettura al libro Creating a Forest Garden, di Martin Crawford, direttore dell’Agroforestry Research Trust che da diversi anni studia sistemi di tipo agroforestale in climi temperati.

Una foresta edibile

Un forest garden, o giardino foresta, è un ecosistema boschivo impiantato dall’uomo, che agisce su tutti i livelli descritti sopra affinché si crei la massima sinergia tra le piante, al fine di ottenere la massima resa possibile in cibo e altri prodotti utili col minor sforzo possibile e senza l’impiego di pratiche dannose per l’ambiente. La parola chiave è varietà. Niente più distese di meli o di peschi, ma sapori dimenticati e tradizionali. Piante diverse si aiutano in maniera diversa e, se scelte nel modo giusto, aiuteranno la foresta a produrre cibo praticamente tutto l’anno senza bisogno (magari giusto ogni tanto) di ulteriori aiuti umani.

Il manuale

51UmQbYR3pL._SX258_BO1,204,203,200_
Creating a Forest Garden di Martin Crawford.

L’opera di Crawford è divisibile in tre parti: la prima, introduttiva, è dedicata al funzionamento di un giardino foresta. In quella centrale si analizzano in dettaglio vari aspetti, fornendo sempre un elenco dettagliato delle piante più utili in quel determinato ambito, con relativa scheda di coltivazione; segue poi lo studio della preparazione del terreno: i primi elementi di design, la protezione dal vento, il livello delle piante ad alto fusto, quello degli arbusti, quello delle piante a copertura del terreno e i rampicanti. La terza parte dell’opera è dedicata, invece, ad aspetti in qualche modo marginali: radure, sentieri, un interessantissimo capitolo sulla coltivazione dei funghi, raccolta e conservazione dei prodotti, manutenzione. Infine, il libro si chiude con utili appendici sotto forma di tabelle sulla propagazione delle piante, alberi e arbusti per recinzioni verdi, piante in grado di attrarre insetti benefici e api, tabella di maturazione dei frutti trattati mese per mese (dati riferiti, tuttavia, data la provenienza dell’autore, al clima inglese).

Il libro è di facile lettura ed estremamente chiaro e dettagliato. Tuttavia, è disponibile solo in lingua inglese. Ma, come è bene che piante diverse si mischino nel nostro giardino, così è bene che le idee fluiscano tra gli uomini senza lasciarsi bloccare dall’assenza di una traduzione: dopo tutto, è solo inglese. (E, se proprio non si è ferrati con le lingue, su internet sono reperibili tantissime informazioni in merito).

Quindi coraggio! Non serve avere ettari ed ettari di terreno per impiantare un forest garden: se possediamo un pezzo di terra, per piccolo che sia, vale la pena prendere in considerazione la faccenda. Piantare un albero non è mai una cattiva idea!

Video

Per saperne di più, propongo un breve filmato in cui Martin Crawford stesso parla del proprio forest garden.

Le immagini sono tratte da:

– http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/2/27/Forgard2-003.gif

– http://www.agroforestry.co.uk/CAFG_LR.JPG

Precedente Spiral Jetty: suggestioni percettive ed ecologiche nella Land Art di Smithson Successivo L'importanza di essere terrestri