La permacultura in Italia: intervista a Pietro Zucchetti

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di Barbara Andreotti

Durante i nostri incontri – e anche su questo blog – abbiamo spesso parlato di permacultura: questa scienza di design (perché di questo si tratta) permette di coltivare cibi sani senza che l’uomo modifichi o stravolga i ritmi e gli equilibri naturali. La chiave sta nel rispettare e nell’osservare quello che ci circonda, e invece di piegare l’ambiente al nostro volere imparare ad assecondarlo e a trarne benefici.

In occasione della nascita del Giardino Foresta di Cuneo ho avuto modo di conoscere Pietro Zucchetti, fondatore e presidente dell’Istituto Italiano di Permacultura, che ha acconsentito a rispondere a qualche domanda invitata tramite mail.

  • Perché una tecnica agricola di questo tipo può essere considerata vincente rispetto alle tecniche tradizionali?
    La permacultura non è una tecnica, ma un insieme di tecniche agricole tradizionali, tenute insieme da un design di tipo olistico e sostenibile che cerca di utilizzare in maniera intelligente il territorio e le risorse. È basata sulla cura della terra, su quella delle persone e sul consumo equo e solidale, e interviene sulla sfera ambientale, sociale ed economica. Poiché prende in considerazione tecniche tradizionali provenienti da tutto il mondo, è possibile utilizzarla anche nei Paesi in via di sviluppo. Tuttavia è sbagliato in questo caso parlare di tecniche agricole, piuttosto bisognerebbe parlare di produzione di cibo; e sono più tradizionali queste, basate sulla coesistenza e sull’associazione delle piante, piuttosto che quelle che prevedo l’impiego di pesticidi e diserbanti. Si cerca di limitare o di evitare l’uso di macchinari agricoli, si risparmia tempo perché si cerca di lasciar fare alla natura, si fa del bene all’ambiente, si ricrea un ecosistema preesistente o se ne costruisce uno nuovo sfruttando la biodiversità e le diverse caratteristiche delle piante. A parer mio il ruolo dell’uomo deve essere quello di rifertilizzare la terra, solo con materiale naturale. Ed è quello che abbiamo cercato di fare a Scagnello.
  • Come ti sei avvicinato alla Permacultura?
    Ho sentito parlare di permaculture per la prima volta nel 1998 in Inghilterra, a casa di un amico appena tornato da un corso di orticoltura tenutosi ai Kew Gardens di Londra. Aveva con sé una copia del “Permaculture Magazine”, nel quale si teorizzava un modo di gestire l’orto in maniera sostenibile e utilizzando materiali di recupero; inoltre, con questo metodo, sembrava possibile ridurre considerevolmente l’impatto sull’ambiente e essere completamente autonomi. Incuriosito, ho approfondito l’argomento leggendo altri numeri del Magazine e acquistando i libri di Bill Mollison, uno dei padri fondatori della disciplina. Dopo una decina d’anni è arrivata la possibilità di mettere in pratica quello che avevo studiato: il comune inglese dove vivevo mi ha assegnato la gestione di un orto urbano, sul quale ho deciso di applicare i principi della biodinamica prima e della permacultura poi. Ho anche seguito un corso di settantadue ore tenuto da Aranyai e l’accredito dalla Permaculture Association inglese e dal Permaculture Research Intitute australiano, fondato da Jeff Loton e Bill Mollisonii. Ho seguito diversi corsi e ho anche collaborato con realtà diverse, come ad esempio quella dell’apicoltura e della gestione boschiva. Sono poi tornato in Italia dove ho avviato dei corsi sulla permacultura a Scagnello, in Piemonte: l’obiettivo è mostrare come sia possibile vivere in maniera sostenibile e autosufficiente.12647991_242223472776085_2125458688_n
  • Convertirsi alla permacultura è vantaggioso? E se sì, perché?
    Certo, e lo è soprattutto per l’uomo: si vive più in armonia con la natura, si impara ad avere contatti con qualcosa di totalmente diverso da noi, c’è uno scambio di energie e di culture e si riscopre il mondo vero, che è quello naturale. Si impara anche l’importanza anche della misura nel consumo, sia del cibo che delle spese generali.
  • Come nasce l’Istituto Italiano di Permacultura, e quali sono i suoi obiettivi?
    L’istituto nasce nel 2010, ma il sito è stato lanciato il 31 dicembre 2009; è un’associazione culturale senza scopo di lucro. Organizziamo corsi, formiamo istruttori, e stiamo per istituire il diploma di permacultura applicata: l’obiettivo di tutte le iniziative è quello di diffondere la cultura della permacultura in Italia. Facciamo anche pubblicazioni, traduzione di articoli, organizziamo raduni, interviste, documentari, aiutiamo gli studenti a realizzare i loro progetti, tutto autofinanziandoci. Stiamo anche iniziando dei programmi di ricerca.
  • In Italia esiste anche l’Accademia Italiana di Permacultura. Quali sono le differenze?Bisognerebbe chiedere all’Accademia cosa fanno e quali sono i loro obiettivi; per quanto riguarda l’Istituto, come dice il nome stesso è una scuola, e l’obiettivo è appunto quello di diffondere il più possibile la permacultura in Italia.

Potete ascoltare l’intervista completa a Pietro qui: https://soundcloud.com/green-onions/intervista-a-pietro-29-1215 . Per saperne di più sull’Istituto Italiano di Permacultura: http://permaculturaitalia.net

i Uno degli insegnanti di permaculture design in Inghilterra. Per saperne di più: http://www.learnpermaculture.com

ii Considerati i padri fondatori della permacultura.

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