Le scogliere come luoghi del sublime

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di Luca Mastorino

Se l’analisi critica della natura, in termini filosofici, letterari e sociali, negli Stati Uniti pone il suo accento sul concetto di “Wilderness”, ovvero di spazio non contaminato dall’uomo, considerata la tardiva e, ancora oggi, non completa colonizzazione del paesaggio americano, in Europa il pensiero sull’ambiente assunse primitivamente e nel tempo dinamiche e concetti differenti. Pur mantenendo il primato dell’analisi scientifica e filosofica sulla natura, il Vecchio Continente, in epoca romantica, si presentava già profondamente antropizzato. In questi termini si sviluppò il concetto di sublime: la natura selvaggia doveva essere ricercata, doveva svelarsi fra i campi coltivati del Nord Europa e suscitare nelle menti quel sentimento estetico assoluto, quello sconvolgimento emotivo che è appena sotto (sub) il limite (limen) massimo del percepibile umano fisico e mentale.

Nella produzione artistica, in questa scia romantica, uno dei soggetti iconografici prediletti è la scogliera. Le pareti rocciose del Mare del Nord, in particolare, nel loro massiccio stagliarsi vertiginoso ben si prestavano al concetto di sublime, muri impenetrabili su cui si infrangevano le onde o viceversa esemplificazione della malleabilità della natura sotto la forza plasmante del mare. Caspar David Friedrich con “Le bianche scogliere di Rügen” si pone come massimo interprete del sublime nelle arti figurative. Al di là degli usuali messaggi teologali cari a Friedrich, osserviamo l’esemplificazione del mancamento dell’uomo di fronte alla Natura; lo stesso pittore si rappresenta in preda ad uno stato di perdita di coscienza davanti allo spettacolare stagliarsi delle scogliere di gesso dello Stubbenkammer. Analogamente nel dipinto “Il Monaco in riva al Mare”, viene raffigurato il religioso meditabondo e di dimensioni minuscole rispetto alla scogliera su cui si trova in una prospettiva che fonde il blu del mare all’azzurro del cielo in una totalizzante visione naturale, appena solcata sullo sfondo dalla linea d’orizzonte. A dipinti come quest’ultimo Rothko si ispirerà, un secolo dopo, per le sue famose opere informali bicrome.

IMG-20160203-WA0003 Le bianche scogliere di Rügen (Kreidefelsen auf Rügen) olio sul tela, 1818

È Monet tuttavia che troverà nelle scogliere, e in generale nel limite del mare, il soggetto prediletto della sua prima produzione impressionista, quella ancora scevra da ricerca scientifica consapevole e talvolta autoreferenziale. Il margine degli oceani acquista nella sua produzione attitudini talvolta prettamente realiste, nella scia torbida di Courbet, altre volte più intensamente romantiche, vicine ai modi di Friedrich.
In questi termini possiamo provare a cercare in alcune sue scogliere indizi sulle inclinazioni del suo animo. I faraglioni normanni di Étretat presentano delle straordinarie falesie in calcare a picco sulla Manica, una di questa va a disegnare un arco naturale che oggigiorno definiremo pittoresco. Monet cerca nel limitare nordico della Francia la consolazione per la perdita della moglie Camille consumata dal cancro un anno prima nel 1879. Ad Étretat il pittore sembra ritrovare la serenità ricercata, le numerose pitture si fanno chiare e soleggiate, il rosa, il bianco e l’azzurro colori prediletti dell’artista vanno a trasmettere serenità all’osservatore e così le pennellate prima spezzate si allargano e amalgamano con ampio tratteggio fino alla fusione totale negli orizzonti. Sei anni dopo a Belle-Ile in Bretagna sull’Atlantico, il turbamento emotivo dell’artista si esterna in cinque opere che rappresentano il mare su queste fredde sponde nell’atto di infrangersi con particolare violenza gli scogli. Il colore marrone sostituisce il rosa, l’azzurro si fa torbido e una tonalità verde ottenebra le sfumature. La pennellata larga muta in un tratto spezzato nella rappresentazione del mare e degli scogli. La natura di Belle-Ile non è più consolazione, ma una matrigna tanto disumana quanto assoluta, lo scientismo impressionista cede il passo alle visioni antiche sullo stile di Turner o di Friedrich. (Vedi immagine iniziale: Les rochers de Belle-Ile, olio su tela, 1886)

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Étretat, la Manneporte, riflessi sull’acqua-1885

Dopo le vedute dell’impressionismo le scogliere verranno riviste con le dietrologie mistiche e seducenti del simbolismo e fondendosi con la visione del cimitero di Venezia ci restituiranno la celebre Isola dei Morti di Arnold Böcklin: qui le falesie di Rügen si sporcano delle tonalità del grigio e si ergono come tenebrosi muri che accompagnano le anime al cielo e prevaricano i vivi dai morti.

Nella contemporaneità le scogliere incontrano l’arte maggiormente consapevole sulle tematiche ambientali: la Land Art. È Christo con la moglie Jeanne-Claude che, dopo aver impacchettato statue ed edifici, decide, nel 1968, di ricoprire la costa frastagliata di Little Bay in Australia. Due chilometri e mezzo di rocce, celati con un tessuto antierosione color sabbia tenuto da ganci e corde in propilene, si isolarono per sei mesi dal paesaggio circostante. Lo spettacolo naturale minimamente antropizzato venne completamente stravolto dalla fantasia umana, reso astratto, diviso ed evidenziato dalla natura perimetrale. Il tema dell’arte nello spazio pubblico e dell’invisibilità che si alterna con la visibilità fanno il loro ingresso nello spazio naturale. Sempre partendo da questi termini, in un’ottica ambientalista Christo va a porre l’accento sull’intrinseco valore del dato ambientale e sulla natura umana incline a considerare le cose abituali, come può essere la scogliera di una località marittima in cui si passa l’estate, solo quando queste vengono modificate o celate e a rimarcare, forse, la distanza dell’uomo moderno da quelle visioni romantiche che abbiamo descritto, ma anche dalla considerazione della natura come un ostacolo da addomesticare in un’ottica formativa come per i pensatori americani. Il progetto rientrava inoltre in un complesso di iniziative per la preservazione della barriera corallina.

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Wrapped Coast, One Million Square Feet, Little Bay, Sydney, Australia, 1968-69

Il percorso iconografico delle “scogliere” non è solo un viaggio storico nella comprensione del pensiero ambientalista e naturalista europeo, ma è una delle tante opportunità critiche applicabili alle arti figurative che ancora oggi soffrono uno stato di minorità rispetto alla letteratura nello studio ecocritico.

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