Walden, o perdersi nei boschi dell’anima

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di Barbara Andreotti

Quando scrissi le pagine che seguono – o meglio la maggior parte di esse –  vivevo da solo, nei boschi, a un miglio di distanza dal più prossimo vicino, in una casa che m’ero costruito da me sulle rive del lago di Walden, a Concord, Massachusetts; mi guadagnavo da vivere con il solo lavoro delle mie mani. Vissi colà per due anni e due mesi. Attualmente sono ritornato nel consorzio civile.”

No, non è l’incipit di un romanzo d’avventura, né tantomeno una versione bucolica di Robinson Crusoe. Queste sono le prime parole che chiunque abbia preso in mano “Walden. Vita nei boschi” di Henry Thoreau ha letto. Un libro che è autobiografia, romanzo, saggio filosofico, manuale di sopravvivenza, esempio di pensiero ecocritico. Tutto questo ma anche molto, molto di più.

Innanzitutto è una storia vera, verissima: l’autore nel 1845 lasciò la sua casa e la sua vita per andare a vivere, solo, sulle rive del lago Walden, immergendosi nella wilderness* americana, lontano dalla “civiltà”. Thoreau, infatti, riteneva che la società a lui contemporanea fosse troppo concentrata sul profitto, e troppo poco sull’essere; da qui la decisione di passare due anni, due mesi e due giorni in una capanna che si costruì lui stesso nei boschi americani, alla ricerca della propria essenza umana.

Dunque, un’autobiografia: ma anche un manuale con indicazioni pratiche. Già, perché le pagine sono piene di tabelle riassuntive, di spiegazioni tecniche, di consigli pratici per poter vivere  – e non solo sopravvivere – a stretto contatto con la natura, rispettandone i ritmi e i cicli. Il capitolo “Il campo di fagioli”, per esempio, è dedicato alla creazione di un piccolo orto vicino alla casa dell’autore. Sebbene in un primo momento si potrebbe pensare “Ecco, ora mi toccherà leggere venti pagine di consigli di botanica”, in realtà si scopre che le descrizioni non sono affatto noiose, anzi, viene quasi voglia di provare ad arare un po’ di terreno e mettersi a piantare fagioli.

Pagina iniziale della prima edizione di Walden, con un disegno della sorella di Henry, Sophia.
Pagina iniziale della prima edizione di Walden, con un disegno della sorella di Henry, Sophia.

La vera bellezza di questo libro, però, è la convivenza perfetta tra parti descrittive e riflessioni filosofiche. Certo la descrizione delle spese mensili di Thoreau, o la spiegazione passo a passo di come si edifica una capanna, sono senza dubbio estremamente interessanti e fanno di quest’opera un “manuale di istruzioni” su più livelli, nonché un importante documento sulla vita americana di metà ottocento. Tuttavia l’aspetto che più colpisce è la capacita di inserire riflessioni di carattere filosofico anche mentre si parla di fagioli per venti pagine. Il lettore infatti deve sempre tenere la guardia alta, altissima: non ci sono passaggi da saltare, non ci sono paragrafi da scorrere, no. Tutto è importante, in ogni pagina può nascondersi una frase, una parola, una riflessione che lascia a bocca aperta per la sua bellezza e profondità.

Quando si comincia questo libro, si scopre che di tratta di un  viaggio all’interno dell’autore, della natura, di se stessi.  In Walden, Thoreau ha espresso la sua filosofia, la sua concezione di uomo come elemento della natura, immerso in essa e non suo antagonista: ha spiegato come sia fondamentale per l’uomo riconoscere questa sua appartenenza, come sia possibile, oltre che doveroso, viverla – e viverci – con rispetto ed attenzione. Ha raccontato, inoltre, di come la natura sia meravigliosa in tutte le sue varie forme, di come non si sia mai sentito veramente solo in quei due anni e due mesi di vita nei boschi, di come gli uccelli fossero i suoi ospiti e di come la terra ripagasse il suo rispetto e il suo amore con i suoi frutti.  Di come, insomma, si sia creata una sinergia tra uomo e ambiente circostante, una perfetta convivenza.

Questo libro porta il lettore a chiedersi, ad arrovellarsi quasi, sulle implicazioni che hanno le riflessioni dell’autore: davvero è possibile vivere così? Davvero la natura non è un elemento altro da noi, ma noi stessi siamo parte di essa? Davvero la ricerca di se stessi può partire da un’indagine del nostro rapporto con il mondo circostante? Davvero non è necessario un rapporto di sudditanza tra uomo e natura, ma di parità? Spingendoci a formulare queste domande, Thoreau viene considerato come uno dei primi esponenti del pensiero ecocritico.

È vero, queste sono riflessioni e domande di un uomo dell’800, un illuminista, un ottimista convinto che l’uomo potesse essere artefice della propria fortuna e del proprio destino; sicuramente decidere di abbandonare la propria vita per due anni è una scelta estrema e, a suo modo, provocatoria. Quello di Thoreau, infatti, fu anche un gesto di protesta, un modo per affermare la propria visione del mondo e portarla anche al lettore, senza che debba per forza raccogliere armi e bagagli e trasferirsi in una capanna sul lago. Le domande che vengono implicitamente poste dal testo e le risposte che vengono date di conseguenza sono attuali più che mai.

La forza di quest’opera sta anche nella sua capacità di far calare il lettore nella quotidianità dell’autore, di osservare insieme a lui la pioggia cadere fuori dalla finestra, di sentirne il suono e l’odore. Ci si sente ondeggiare sulla barca in mezzo al lago, ad osservare il fondale cambiare colore a seconda della profondità; e si sente da lontano il fischio del treno che passa, che si muove “come un cavallo di ferro”. Si osservano uccelli ed animali di ogni specie, si coltiva la terra e si costruisce una capanna; si passeggia nella neve per andare in città, magari a trovare qualche amico.

Dunque Henry Thoreau, con la sua opera, è riuscito a creare un sistema di equilibri, un documento che è un manifesto, un manuale, un trattato filosofico e un monito per l’umanità. Tutti gli aspetti sono importanti, non esiste una gerarchia: sta poi al lettore notare ogni sfumatura, cogliere tutti gli aspetti e i segnali che ci ha lasciato l’autore.  Si potrebbe definire un libro-ambiente, in cui ogni componente, anche la più piccola, è fondamentale. Sta a noi rispettarla e valorizzarla, e sta a noi muoverci in esso con attenzione, senza mai dimenticare di passeggiare non solo tra le pagine, ma anche in noi stessi.

Non nego che, dopo aver letto l’ultima pagina, ero pronta a mettere due magliette di ricambio in uno zaino e partire, andare da qualche parte e perdermi in boschi più o meno reali, per cercare di capire perché Thoreau fosse giunto a queste conclusioni. Per capire come fosse davvero possibile vivere in maniera così armonica con la natura. E anche per viaggiare dentro me stessa, alla ricerca di quella sicurezza, di quell’ottimismo, di quell’amore per la vita e per la natura che trasudano dalle pagine, scritte più di cent’anni fa.

Volgi il tuo occhio all’interno, e scoprirai

Migliaia di regioni, nel tuo cuore,

Vergini ancora. Viaggiale tutte, e fatti esperto

In cosmografia interiore.

Perché anche noi facciamo parte della natura: e per questo siamo natura da esplorare, amare e rispettare.

 

* La wilderness è un concetto puramente americano legato alla natura incontaminata, selvaggia, non ‘addomesticata’ dall’uomo.”

 

(Entrambe le citazioni sono tratte da H. Thoreau, Walden. Vita nei boschi, BUR, Milano 2012).

Copyright immagini: Youth united press

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