Che cos’è l’ecocritica?

eco

di Corrado Laronga

Con il termine “ecocritica”, introdotto da William Rueckert1 e menzionato per la prima volta nel saggio Literature and Ecology: An Experiment in Ecocriticism”2, si intende una branca di studi letterari che nasce negli Stati Uniti tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi degli anni Novanta, diffondendosi inizialmente in paesi anglofoni e nordici grazie al terreno fertile che tali nazioni, nelle quali già da tempo l’educazione ecologica era molto forte, offrivano a una simile novità. Lo scopo di questa disciplina era quello di studiare la funzione della letteratura nell’educazione all’ambiente e il modo in cui essa influiva sulla sopravvivenza dell’ambiente e dell’uomo stesso.

Già nel 1972, Joseph Meeker, precursore del movimento ecocritico moderno, sosteneva che gli studiosi dovevano esaminare con attenzione la creazione letteraria per scoprire in che modo potesse influire sul comportamento umano rispetto all’ambiente naturale, determinare quale ruolo giocasse nel benessere e nella sopravvivenza del genere umano e come influenzasse le relazioni degli esseri umani con il mondo circostante.

Qualche anno più tardi, Lawrence Buell, titolare della cattedra di Letteratura americana presso la Harvard University e autore del testo The Future of Environmental Criticism: Environmental Crisis and Literary Imaginations (2005), diede dell’ecocritica questa definizione:

L’ecocritica si concentrò dapprima su varie forme del nature writing: la poesia della natura, il saggio naturalistico, la narrativa della frontiera, il romanzo della wilderness, e così via. Questo era comprensibile, ma dava una visione parziale. Oggi gli studiosi che si occupano di ecocritica si stanno sempre più rendendo conto che qualunque tipo di contesto ambientale è potenzialmente rilevante per il progetto ecocritico. È sbagliato credere che l’ecocritica riguardi solo la letteratura che parla di luoghi rurali e selvaggi. Al contrario, ogni tipo di ambiente – le aree urbane, suburbane, i villaggi, le zone agricole e quelle industriali, la terraferma e gli ambienti marittimi, gli interni e gli esterni – è promettente per la ricerca ecocritica. Perché, nel senso più ampio possibile, l’oggetto dell’ecocritica dovrebbe essere l’intera gamma dei modi in cui la letteratura, (ma anche le arti) ha concepito il rapporto tra gli esseri umani e il loro ambiente fisico. […] La portata dell’ecocritica è insomma davvero vasta. In teoria, non ci sono limiti ai tipi di ambiente o alle forme di vita di cui essa può occuparsi. Qualunque genere letterario è potenzialmente significativo: la poesia, la narrativa, il teatro, la saggistica.3

Non è un caso che tale disciplina sia nata in un momento in cui già si stava profilando la crisi ecologica, gli studiosi cominciavano a prendere coscienza dei mutamenti in atto e, conseguentemente, ad interrogarsi rispetto agli strumenti che aveva a disposizione la cultura per contrastarli. Porsi simili domande non era solo un formalismo accademico, ma il tentativo di coinvolgere attivamente la letteratura riguardo alla crisi dell’ambiente, per portare l’attenzione degli esseri umani su quei fattori che, minacciando il pianeta mettevano in pericolo, nel lungo periodo, la stessa sopravvivenza umana.

In tal senso l’ecocriticism intendeva e intende tutt’oggi proporre la lettura delle opere quale veicolo di una educazione per scoprire le tensioni ecologiche del presente, non mero esercizio teorico ma una vera e propria forma di attivismo culturale, un movimento organizzato, una critica militante, uno strumento anti-ideologico atto a sensibilizzare rispetto alla consapevolezza della vita e dei cambiamenti nella società contemporanea.

Gli studiosi di ecologia letteraria, infatti, non si limitano a studiare i testi per definire come essi rappresentino la natura, i rapporti tra esseri umani e tra questi e l’ambiente, ma cercano di sollecitare una presa di coscienza che induca al cambiamento rispetto alle questioni ecologiche che riguardano il mondo in cui viviamo. Data la grandezza di un simile obiettivo risulta evidente che il metodo migliore per perseguirlo non possa essere univoco: fin dalla nascita dell’ecocritica infatti, gli studiosi hanno proposto una molteplicità di vedute e di letture, segno di quella “diversità culturale che costituisce una parte necessaria della diversità umana e di ogni altra diversità biologica4. Questa eterogeneità riguarda non solo le considerazioni e gli spunti pratici che gli studiosi di ecocritica estrapolano dallo studio dei testi, ma la natura stessa dei testi sottoposti a rilettura.

Strettamente legato all’ecocriticism esiste, come ha affermato Lawrence Buell, un genere letterario che ha trovato negli autori inglesi e americani la sua espressione migliore, la “nature writing”, una produzione incredibilmente variegata che spazia dalla narrativa alla saggistica fino alla poesia, i cui autori fondamentali sono Henry David Thoreau (1817-1862), John Muir (1838-1914), Aldo Leopold (1887-1948) e Jack London (1876-1916). Tuttavia, se si opta per un superamento delle tassonomie, alla ricerca di autori e di opere non dichiaratamente legate a un discorso ambientalista, il terreno potenziale dell’interpretazione ecocritica si dilata enormemente. Secondo Scott Slovic5, non esiste opera letteraria che non possa essere fatta oggetto di interpretazione ecocritica. In questo senso, le analisi possono con pertinenza indagare il modo in cui la letteratura si fa espressione dei conflitti sociologici, delle discriminazioni ambientali e delle problematiche legate alle differenze di specie, di genere, di etnia e di abilità. La spinta educativa che deriva dall’indagine ecocritica è quindi l’aspetto più importante di questa materia, in quanto, interagendo con la società, la letteratura può rispecchiare le tensioni del presente e diventare fonte di conoscenza e di riflessione su problematiche sempre vive e poco conosciute, ma soprattutto contribuire a creare le cosiddette “nuove mitologie”, cioè nuovi modelli di società all’interno dei quali vengano fornite all’uomo indicazioni su come comportarsi per preservare ciò che si considera dotato di valore.

Lo scopo educativo contribuisce a fare dell’ecocriticism l’elemento di un più ampio discorso etico-filosofico che affonda le radici in epoche assai lontane. L’idea di una affinità tra letteratura e filosofia apparteneva già ad Aristotele, il quale sosteneva che la poiesis (la creazione letteraria in genere) potesse creare un ponte tra l’individuale e l’universale. Nel IV libro dell’Etica Nicomachea, evidenzia come diversamente dalla storia che testimonia quello che è stato, la poiesis affronta quello che è, il contenuto attraverso un concetto filosofico.

La letteratura su cui l’ecocriticism esercita la sua analisi non deve rientrare necessariamente in una tematica ecologica in un concetto di transdisciplinarietà, che diventa fondamentale. Solo la consapevolezza che gli esseri viventi si contaminano gli uni con gli altri continuamente può fornire il punto di partenza ottimale per ogni tipo di analisi che abbia come scopo l’osservazione delle differenze. Nel corso di una conferenza dal titolo Nature, culture, ambiente6 tenutasi nell’aprile 2013 presso l’Università degli Studi di Torino, Serenella Iovino7 si è soffermata a lungo sul concetto di transdisciplinarietà, sostenendo che la complessità del mondo in cui viviamo ha fatto emergere la necessità di semplificazione . Tale necessità ha dato origine a tutta una serie di specificità atte a circoscrivere diversi campi della ricerca scientifica, per favorirne almeno teoricamente lo studio. Teoricamente perché ragionare per compartimenti stagni, guidati da un modello lineare ai cui estremi generalmente ci sono le due categorie classiche del Bene e del Male, ci ha spinto a categorizzare anche il mondo in cui viviamo, incapaci di comprendere i legami profondi che intercorrono tra le sue parti. Scoprirsi ed essere aperti a qualsiasi tipo di contaminazione sono azioni che permettono di analizzare il circostante in modo più completo e attento rispetto a una qualsiasi indagine settoriale che non considera cioè l’importanza dei legami che tengono unite non solo le diverse parti del mondo ma anche le diverse discipline che lo studiano.

Oltre all’importanza di un approccio transdisciplinare è altrettanto fondamentale la curiosità intesa come base di ogni sperimentazione, forza che abbatte ogni pregiudizio, fonte inesauribile di potenziale conoscenza.

E l’istinto di conoscere è l’essenza stessa dell’essere umano.

1 Studioso e docente presso la Columbia University

2 Pubblicato nel 1978 con lo scopo di indagare l’applicazione dei concetti ecologici agli studi letterari.

3 Lawrence Buell, “La critica letteraria diventa eco”, trad. it. di L. Talarico, in Ecocritica Caterina Salabè (a cura di), Roma, Donzelli Editore, 2013, pp. 3-5.

4 Serenella Iovino, Ecologia letteraria. Una strategia di sopravvivenza, Milano, Edizioni Ambiente, 2006, p. 16.

5 Studioso di letteratura ed ecocritica (nonché docente presso la University of Idaho) ed editor dell’ISLE, Interdisciplinary Studies in Literature and Environment, giornale ufficiale dell’ASLE, Association for the Study of Literature and Environment.

6 Organizzata dalla prof.ssa Daniela Fargione nell’ambito del corso di insegnamento di Letteratura Americana D Thinking green, aa 2012/2013.

7 Docente di Letterature Comparate presso l’Università degli Studi di Torino e vicepresidente della European Association for the Study of Literature, Culture, and the Enviroment.

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