L’Italia e l’educazione alla sostenibilità: verso quali orizzonti guardare?

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di Alice Cavalieri

Oggi la sostenibilità ambientale non si presenta soltanto attraverso le iniziative di alcuni volenterosi -il cui numero è costantemente in crescita- attenti al rispetto dell’ambiente che si muovono contro l’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali. Le ricerche in ambiti differenti che trattano questa tematica permettono di affermare che la popolazione si sta confrontando con quello che è divenuto un nuovo paradigma di policy.

Per tale motivo, ci interessa fornire uno spunto di riflessione per indicare una delle possibili strade che l’Italia, auspicabilmente, dovrebbe intraprendere al fine di modificare le proprie politiche ambientali. Per avere una maggiore conoscenza e una visione più completa di tali problematiche è opportuno spiegare il nesso che lega lo sviluppo economico e sociale di uno Stato con l’istruzione della sua popolazione. Alla base della nostra convinzione riguardo la necessità dello Stato di aumentare gli investimenti nell’istruzione in questo ambito, si trova la teoria del capitale umano definito come l’insieme e l’incremento di conoscenze, informazioni e competenze, miglioramento dello stato di salute, abitudini e condizioni psicofisiche dovuto all’istruzione e alla formazione delle singole persone.

L’investimento nel campo dell’educazione è il metodo più efficace per aumentare le competenze del capitale umano, istruendo i cittadini a contribuire alla crescita del proprio Paese. Ma non si tratta solo di crescita economica di tipo quantitativo – derivazione del paradigma neo-liberista alla base delle politiche nazionali della gran parte dei Governi europei e non solo, che hanno portato al sovra-sfruttamento delle risorse naturali – in quanto questa si contrappone con i limiti posti dall’ambiente entro cui l’uomo agisce, mostrando che con essa soltanto non è possibile risolvere i problemi delle società contemporanee.

È necessario, oggi, un approccio diverso alle nuove sfide: abbandonando l’idea di una crescita economica illimitata e l’impostazione che indica come unica forma di benessere il reddito. Secondo molti esperti [Jørgensen et al., 2015] bisognerebbe prendere ad esempio il metodo in cui agisce il sistema naturale ed applicarlo alle nostre società attuali, le quali dovrebbero ricercare la prosperità entro i limiti posti dalla natura, dirigendosi dunque verso una crescita di tipo qualitativo che faccia leva su una maggiore informazione e sullo sviluppo di efficienti sistemi di istruzione per la diffusione di questi nuovi concetti. Per riuscire in questo obiettivo è necessario che le società si indirizzino verso politiche di crescita di lungo periodo, con importanti investimenti sul capitale umano, abbandonando la ricerca esclusiva di vantaggi economici a breve termine.

Per raggiungere questo obiettivo bisogna confrontarsi con esempi di altri Paesi, quali Scandinavia, Danimarca e Paesi Bassi, che stanno perseguendo questo cambio di percorso verso uno sviluppo qualitativo con una attenzione particolare all’ambiente. Negli stessi, da trenta anni ad oggi, sono aumentate le percentuali riguardanti i livelli di istruzione, le condizioni di salute della popolazione e l’uguaglianza di genere. È giusto riflettere che, in un mondo prossimo ad un collasso, dove è difficile garantire a tutti le risorse alimentari, mentre la povertà è in costante aumento anche nei Paesi industrializzati, l’incremento del PIL e la crescita dei consumi non possono più essere dei misuratori dei diritti sociali e dello sviluppo di una società.

Gli Stati in perenne deficit economico continuano a sottomettersi a stringenti vincoli di pareggio di bilancio che, nella situazione attuale, difficilmente riescono a conciliare con un paradigma economico diverso da quello neo-liberista. Gli stessi, negli ultimi quindici anni, hanno investito la minor quota nell’istruzione e nella ricerca.
Anche l’Italia si trova in ritardo nel campo delle politiche sostenibili, così come in quello dell’istruzione, non avendo ancora assimilato che la società al fine di essere ben funzionante ed operante debba avere conoscenze che solo una corretta formazione deve garantire.

Il grafico sottostante, infatti, rapporta la relazione inversa tra maggiori investimenti nel campo dell’istruzione, della ricerca e dell’innovazione e minori fenomeni di inquinamento in particolare di CO2. I motivi di tale riduzione dei gas serra sono molteplici e si possono ritrovare nel collegamento tra gli investimenti e la stimolazione delle 3R: riduzione, riciclaggio e riuso delle risorse [Jørgensen et al., 2015]. Anche in questo caso, i Paesi scandinavi mostrano i risultati migliori, con elevati investimenti nel settore dell’educazione e bassi livelli di inquinamento.

Relazione tra gli investimenti nel campo dell’educazione, innovazione e ricerca e emissioni di CO2/GNP [Jørgensen et al.]

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L’Italia, per contro, persegue delle politiche poco sostenibili, basti pensare a quanto attuato dal Governo Renzi relativamente ai tagli ai fondi destinati alle energie rinnovabili – in particolare al fotovoltaico e al settore eolico (fino al 40%) – o al cosiddetto decreto “Sblocca Italia”, con cui si dà il via libera alle trivellazioni nei nostri mari. Il risultato di questa politica meno attenta alla sostenibilità ambientale non è soddisfacente neanche dal punto di vista economico: l’Italia, infatti, pur essendo un territorio ricco di risorse naturali potenziali per la produzione di energia (venti, maree, geyser…), importa più dell’80% di risorse energetiche da altri Stati. In questo panorama è facile comprendere come una presa di coscienza del Governo, una sensibilizzazione dei cittadini al rispetto della Terra su cui tutti vivono ed operano attraverso un’educazione mirata allo sviluppo eco sostenibile già a partire dagli insegnamenti elementari potrebbe portare dei miglioramenti sostanziali in tutti i campi della tutela dell’ambiente e anche nello sviluppo di energia alternative. In quest’ottica le “3 R”, riduzione, riciclaggio e riuso delle risorse rientrerebbero nella coscienza dei futuri cittadini, formati a pensare che la salute dell’ambiente può incidere positivamente sulla loro salute, sul loro benessere e anche sulla loro civiltà con un occhio attento ai bisogni dei più poveri.
Con queste pratiche, se ben accolte, il Mezzogiorno potrebbe diventare, grazie alle numerose risorse presenti, il centro propulsore di nuove pratiche produttive, compatibili con il paradigma della sostenibilità.

Bisognerebbe soltanto iniziare ad investire sulle giuste risorse.

Riferimenti:
Jørgensen, S.E., Fath, B.D, Nielsen, S.N, Pulselli, F.M., Fiscus, D.A. and Bastianoni, S. 2015 Flourishing within limits to growth. Following nature’s way, New York: Routledge

Credit: kwest/Shutterstock.com

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